Di chi è la voce che ci chiama per nome, nella notte? Da quale mondo arriva?
Questa notte, di colpo, una voce mi ha chiamato nel perfetto silenzio delle ore morte, quando la stanchezza getta la maggior parte dei viventi nei regni misteriosi del sonno, ove è difficile separare la realtà dall'immaginazione. Non aveva particolari inflessioni; non si capiva con certezza neppure se fosse maschile o femminile, anche se qualcosa mi diceva che doveva essere una voce di donna. Mi ha chiamato per nome, una volta sola, ma con una nitidezza, con una intensità struggenti: più che una chiamata, sembrava una invocazione, un appello. Dormivo e sognavo: che cosa stessi sognando, non lo so; non ricordo quasi mai i sogni della notte. Ma di una cosa sono certo - nella misura in cui si può parlare di certezze, entro le regioni umbratili del sonno: che quella voce, quella chiamata, quell'appello, non faceva parte del sogno. Qualunque cosa stessi sognando in quel momento, la voce non proveniva da esso, ma da altrove: dal di fuori, qualsiasi cosa possa significare quest'ultima espressione.
La mia certezza, relativa, non si basa soltanto su impressioni soggettive, più o meno labili, più o meno evanescenti, ma riposa su di un dato chiaro, incontrovertibile: che quella voce, ed essa soltanto, mi ha svegliato bruscamente, traendomi fuori dal sogno. E la sensazione di realismo era così netta e precisa, che, ancora in uno stato intermedio fra il sonno e la veglia, ho borbottato a voce alta qualche cosa, come per rispondere a quella chiamata. Ero sicuro, infatti, assolutamente sicuro, che qualcuno mi avesse realmente chiamato: e, per prima cosa, mi rivolsi a colei che mi giaceva accanto. Ma ella dormiva tranquilla, né il mio soprassalto l'aveva svegliata: non era stata lei, dunque, a chiamarmi; neppure in sogno, dato che il suo respiro era regolare e non mostrava alcun segno di agitazione. Sono rimasto interdetto: nel silenzio assoluto della casa, in quell'ora della notte in cui non giunge il minimo rumore nemmeno dalla strada, si sarebbe udito anche il più lieve sospiro, anche il fruscio di una foglia staccata dal vento.
Ma, da dietro le imposte, non giungeva che il suono ovattato della pioggia, monotono, incessante, che proseguiva dalla sera prima e andava avanti sempre uguale, come se non avesse dovuto mai più avere fine. Allora ho pensato a una persona cara che vive sola, in non buone condizioni di salute; e il cuore mi si è riempito di angoscia. Si era trattato forse un avvertimento, di una premonizione, di una richiesta d'aiuto? Impossibile saperlo; e, se avessi telefonato per sincerarmene, avrei spaventato a morte quella persona. Bisognava attendere fino al mattino, dunque; e sarebbe stata un'attesa decisamente lunga, interminabile. Mi sono alzato, sono andato a controllare l'ora: le due meno un quarto.
Tornato a letto, ho dormito poco e male, assopendomi per brevi momenti e sognando, neanche a farlo apposta - e, questa volta, ricordandomene benissimo al risveglio - che fosse capitata una disgrazia a quella persona. Insomma, una notte difficile. Per fortuna, sono uso ad alzarmi molto presto; ma ho dovuto comunque attendere ancora parecchio, prima che venisse un'ora decente, per poter telefonare. Dopo di che, un peso mi è caduto dal cuore: non era successo niente, per fortuna. Ma allora, rimane la domanda: chi mi ha chiamato per nome, questa notte, strappandomi al sonno con una tale sensazione di cosa reale? Da dove proveniva quella voce, se non veniva dai regni misteriosi del sonno, ma da qualche altra dimensione dello spirito? E, soprattutto, che cosa voleva dirmi?
Se mi sono soffermato su un episodio in apparenza così insignificante, è perché so che a molti di noi, praticamente a tutti, capitano cose simili, anche se non viene loro attribuita alcuna importanza e vengono poi dimenticate in fretta, come fatti curiosi, ma perfettamente inutili. Ma, soprattutto, mi ci sono soffermato perché so che il sonno non è semplicemente il luogo dove la coscienza entra in uno stato diverso da quello del mondo della veglia, bensì una porta d'accesso alle regioni profonde dello spirito.
E quando dico lo spirito, non intendo solo lo spirito individuale, la mente finita di un determinato soggetto; ma lo Spirito universale, la Mente cosmica, che comprende ed abbraccia tutte le coscienze particolari, anzi, tutto ciò che esiste al presente, tutto ciò che è esistito nel passato e tutto ciò che esisterà in futuro. A moltissime persone, dunque, se non a tutte, accadono fatti come quello sopra descritto; e ad alcune, poi, ne accadono anche di più misteriosi, perfino di inquietanti, e con molta maggiore frequenza che ad altre. Un tempo, tutti gli esseri umani possedevano facoltà supernormali: potevano comunicare telepaticamente, vedere nel passato e nel futuro, assistere a fatti lontani nello spazio e perfino proiettare il proprio «doppio» fisico in un altro luogo.
Poi, poco alla volta, con l'avvento della «civiltà», essi hanno perduto queste facoltà; e si sono sforzati di sostituirle mediante la tecnologia, che rende loro possibili alcune di tale operazioni (ma solo le più esteriori), servendosi di macchine e di circuiti elettronici. Finché, da ultimo, solo pochi individui, particolarmente dotati sul piano medianico, hanno conservato una parte di quell'antico patrimonio, magari a propria insaputa, e, quel che più conta, ormai incapaci di farne un uso consapevole, perché sprovvisti del bagaglio intellettuale e spirituale entro il quale tali facoltà s'inserivano armoniosamente. È anche questo che s'intende, nel contesto della Tradizione iniziatica, quando si parla di regresso, e non di progresso, dell'umanità «storica»; quando si parla di una «caduta» rispetto ad uno stato originario di completezza e di consapevolezza cosmica. E tutte le singole tradizioni dei vari popoli e delle diverse culture ne recano traccia: quella greca e romana, ad esempio, nel mito delle quattro età: dell'oro, dell'argento, del bronzo e del ferro. Una scala discendente, come si vede, non certo una scala in ascesa verso «le magnifiche sorti e progressive».
Per quel che riguarda il sonno, nella cultura contemporanea le dottrine psicanalitiche freudiane si sono velocemente diffuse ed imposte quasi con la forza di una nuova religione, più che di una verità scientifica; una religione alla rovescia, peraltro, basata sullo strano culto di forze inconsce, primitive e terribili, assetate di parricidio e d'incesto, e che devono essere placate mediante oscuri rituali semi-ipnotici, che ricordano delle basse forme della magia nera. Ma il sogno non è, semplicemente, l'espressione e il soddisfacimento mascherato dei nostri più oscuri impulsi sessuali; non è il surrogato di una azione consapevole dell'io cosciente, cui la censura del super-io inibisce una manifestazione esplicita; è qualche cosa di molto più complesso e di molto più elevato.
Nel sogno, noi entriamo in contatto con le innumerevoli entità della Mente universale: presenze del passato e del futuro, presenze che incontreremo in seguito o che, forse, non incontreremo mai sul piano fisico, ma cui siamo tuttavia legati su quello spirituale; presenze umane e non umane, evolute e primitive, benevole e maligne; perfino larve psichiche e agglomerati temporanei, residui di menti in via di dissoluzione; e, ancora, vampiri psichici in attesa febbrile di potersi gettare su una mente ben formata, ma debole e facilmente soggetta ad «invasioni» astrali.
In breve, come credevano gli antichi (ne abbiamo vari esempi nei poemi classici, in Omero e in Virgilio), e come aveva intuito Jung, nel sogno noi superiamo le barriere dello spazio e del tempo e diveniamo capaci di entrare in comunione - non in comunicazione, si badi: la comunione è qualcosa di molto più forte e immediato - con qualsiasi altra realtà del mondo spirituale, di inviare e ricevere messaggi, di vedere e di sapere anche ciò che l'io cosciente non potrebbe mai sapere e vedere, se non mediante l'aiuto di mezzi esteriori. Innumerevoli sono i casi documentati relativi a persone che, nel sonno, hanno ricevuto notizie di eventi lontani, che nessun altro ancora conosceva; che hanno saputo, con certezza assoluta, cose che solo in un secondo tempo sono state rese note ai sensi ordinari. Il fatto è che la scienza odierna - razionalista, materialista, quantitativa - vede solo ciò che conferma il suo orgoglioso paradigma, e gira la testa dall'altra parte, quando si vede minacciata nelle proprie illusorie sicurezze, nei propri dogmi intoccabili e nei propri vieti pregiudizi.
Così, se una voce misteriosa ci chiama per nome nel cuore della notte, è molto probabile che non si tratti di una illusione dei sensi, di un capriccio del caso. Nel mondo dello spirito non esiste il caso e non esistono capricci; nulla è privo di un significato ben preciso. Lo scetticismo e il relativismo materialisti ci hanno familiarizzati anche troppo con l'idea del caso, a cominciare dal nostro concepimento e dalla nostra morte, che avverrebbero sostanzialmente a caso: una visione nichilista, carica di sconsolato pessimismo, che ci impedisce di levare lo sguardo verso l'alto e di vedere la bellezza e l'armonia che connettono ciascuna cosa con tutte le altre, in una tela mirabilmente ordinata e complessa. La voce che ho udito questa notte, comunque, non sembrava provenire dal sogno, ma dall'esterno: è difficile ammettere che avrebbe avuto la forza di destarmi da un sonno profondo, se avesse fatto parte del sogno. È chiaro che essere in grado di ricordare i propri sogni, in casi del genere, può rivelarsi di grande aiuto per riuscire ad interpretarli; ma potrebbe anche rivelarsi fuorviante. Se vi sono voci che non vengono dai sogni, infatti, la trama del sogno, restituita alla memoria cosciente, avrebbe il solo effetto di portare fuori strada, suggerendo una spiegazione illusoria.
Ma è possibile che qualcuno o qualcosa ci chiamino nella notte, nel sonno, ma non nel sogno; e che la sua voce si faccia udire per mezzo di un senso diverso dall'udito, così come vi sono cose che si lasciano scorgere mediante una facoltà diversa dalla vista materiale? E, se lo è, da dove proviene un simile richiamo, un richiamo che c'interpella personalmente, come da parte di chi ben ci conoscesse? Per rispondere affermativamente alla prima domanda, è necessario ammettere che il sogno non esaurisca affatto la dimensione dell'«altrove», che si manifesta a noi nel sonno; che il sonno, in altri termini, contenga molte più cose di quel che siamo comunemente disposti ad ammettere - cose che non vengono solamente dal nostro inconscio, ma anche dal superconscio, ovvero dalla Mente universale cui abbiamo accesso mentre dormiamo, e della quale siamo parte - salvo dimenticarcene allo stato di veglia, allorché ci troviamo sotto il ferreo dominio dell'ego e del suo consueto strumento di conoscenza: il Logos strumentale e calcolante. Ammettendo tutto ciò, anche solo come plausibile ipotesi di lavoro, ci troviamo in condizione di poter rispondere anche alla seconda domanda: le voci che ci chiamano vengono da un'altra dimensione, che, tuttavia, interseca la nostra: e il punto d'intersezione si trova, appunto, negli stati di coscienza diversi da quello desto e razionale, che, quanto alle cose dello spirito, è cieco come una talpa, e sordo come un campanaro o un artigliere dai timpani sfondati.
Quanto, poi, all'origine specifica delle voci e delle chiamate, evidentemente è necessario che ciascuno s'interroghi e cerchi da se stesso la risposta: il che diviene possibile qualora si sia disposti a interpretare i segni, che ripetutamente ci vengono mandati, come tali, e non come bizzarre coincidenze o come curiosi accidenti. La nostra vita è costellata di segni che vengono dalle dimensioni spirituali: da quelle superiori, così come, talvolta, da quelle inferiori. Il più delle volte, noi non li scorgiamo neppure: se lo facessimo, certamente impareremmo qualcosa e faremmo qualche progresso sulla strada della realizzazione spirituale. Come minimo, incominceremmo a conoscerci un po' meglio.
Vi sono persone sconsiderate le quali, per leggerezza e smania di novità, giocano imprudentemente con le presenze spirituali, restandone spesso ingannate e, qualche volta, addirittura assoggettate, ad esempio con le cosiddette sedute spiritiche o, peggio, improvvisandosi apprendisti stregoni con i rituali della magia - magia nera, s'intende, perché la magia bianca non è che una pia frode, una contraddizione in termini. Così, la società moderna sembra oscillare fra questi due estremi: il rifiuto aprioristico della dimensione «altra», e la credulità sconfinata, irresponsabile, nei confronti di tutto ciò che abbia un sia pur vago sentore di straordinarietà. Gli uni non credono a niente, nemmeno se posti davanti all'evidenza dei fatti; gli altri credono a tutto, come dei bambini smaniosi di cose nuove e di giochi originali: ed entrambi si pongono in modo sbagliato davanti alla realtà spirituale.
Decodificare i messaggi che ci vengono dalle regioni dell'altrove è cosa che richiede disciplina, umiltà, intelligenza e apertura; e, soprattutto, è cosa che presuppone un certo allenamento interiore, una certa capacità di scavare dentro se stessi, alla ricerca della verità: di quel divino che, come diceva Froebel, si trova già nell'uomo, solo che egli sia capace di riconoscerlo e di portarlo finalmente alla luce.